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In questa guida spieghiamo come scrivere un accordo bonario tra privati e proponiamo un fac simile Word da utilizzare come esempio.
Cosa Sono gli Accordi Bonari
La disciplina dell’accordo bonario prevista per gli appalti pubblici presenta alcuni tratti dell’istituto tradizionale e altri specifici elementi totalmente nuovi. Il legislatore, ad esempio, ha lasciato invariata la risoluzione delle riserve negli appalti di lavoro come contemplata nel capitolato generale, prevedendo un adattamento per gli altri contratti. Inoltre, viene affidato un ruolo centrale al responsabile del procedimento, attenuato solo dalla presenza della Commissione, a cui è dato il compito di formulare la proposta.
Basti ricordare che in passato la risoluzione in via amministrativa delle controversie contemplava l’accesso obbligatorio al giudice o all’arbitrato, salvo i casi previsti dall’articolo 44 del DPR numero 1063 del 1962 che prevedeva i casi cui era ammesso l’accordo tra le parti. Questo significava, nella legislazione ante legge Merloni, una proposta di accordo che poteva essere accolta dall’amministrazione che correggeva la contabilità attraverso il lavoro dell’assuntore dei lavori e dell’ingegnere capo. L’appaltatore, dal suo canto, poteva accettare le modifiche aderendo al conto finale delle opere per porre fine a ogni controversia.
Oggi la disciplina presenta alcune differenze sostanziali grazie alla legge Merloni, che ha subito essa stessa alcune modifiche e integrazioni, fino a raggiungere la sua forma definitiva con la Merloni-ter introdotta dal D.L. n. 101/1995.
Ambito di applicazione
L’articolo 31-bis della legge Merloni disciplina l’istituto dell’accordo bonario, contemplando un procedimento che limita i casi di contenzioso tra stazione appaltante e impresa. Applicando nel modo giusto la normativa, infatti, è possibile trovare una soluzione ai problemi che ruotano intorno alla contabilità in tempi più ristretti e con conseguenze meno dannose per entrambe le parti.
In questa direzione, l’accordo bonario viene in rilievo soprattutto nel settore degli appalti pubblici e rispetto al passato, il legislatore ha apportato alcune modifiche rilevanti che analizzeremo nel dettaglio nel corso dell’articolo.
Come funziona l’accordo bonario
Originariamente l’istituto dell’accordo bonario poteva essere applicato esclusivamente nei settori ordinari che avevano ad oggetto appalti di lavori. Successivamente, l’istituto è stato esteso anche ai settori speciali e agli appalti di servizi e forniture, sempreché l’importo oggetto della controversia non fosse inferiore al 10% della somma pattuita ab origine, e che vi fosse la verbalizzazione delle contestazioni nei documenti contabili da parte dell’appaltatore.
La limitazione posta dalla norma trova la sua ratio nel valore economico della questione, per la quale è richiesto un quantum significativo in relazione all’intero appalto e cioè un valore capace di creare un vero e proprio impedimento al regolare e tranquillo proseguimento delle opere.
Sappiamo che l’appaltatore ha la facoltà di firmare con riserva il registro di contabilità quando intende contestarne il contenuto, impedendo che la sola firma possa essere interpretata come rinuncia delle pretese e dei diritti sui lavori eseguiti fino a quel momento.
Tali riserve vanno segnalate senza ritardo al RUP (Responsabile Unico del Procedimento) che assume il ruolo di garante del corretto svolgimento della progettazione, dell’esecuzione dei contratti e dell’affidamento dei lavori. Egli, infatti, rappresenta la figura centrale che dovrà occuparsi della procedura per intraprendere l’accordo bonario.
Ricordiamo che l’articolo 31-bis della legge quadro introduce l’espressione “proposta motivata di accordo bonario”, che ha riformulato integralmente l’articolo 32 reintroducendo la possibilità di ricorrere alla procedura arbitrale in caso di fallimento della risoluzione della controversia mediante lo strumento dell’accordo bonario. In pratica, l’affidatario ha la possibilità di chiedere a un arbitro di risolvere la questione quando ha confermato le riserve iscritte in precedenza senza aver trovato un accordo con l’amministrazione, ricorrendo in extrema ratio alla giurisdizione.
Quando c’è l’iscrizione delle riserve sui documenti contabili, infatti, è possibile attivare la procedura prevista per l’accordo bonario nei casi in cui l’importo dei lavori vari dal 5% al 15% dell’importo totale del contratto, ai sensi del comma 1 dell’articolo 205 del Codice degli Appalti. In questo modo il RUP inizia ad attivare un accordo che consente di sciogliere le riserve prima che venga approvato il certificato di collaudo.
Nonostante l’avvio della procedura da parte del RUP, l’appaltatore può comunque iscrivere altre riserve purché queste non superino il limite generale del 15% dell’intero importo contrattuale. Al contrario, la legge vieta l’iscrizione di riserve per quegli ambiti progettuali che sono stati già oggetto di verifica e che sono considerati ormai consolidati.
Non possiamo dimenticare che la proposta motivata di accordo bonario redatta dalla Commissione e introdotta dall’articolo 7 della legge 166 del 2002 è una parte rilevante della legge Merloni quater, e con essa il legislatore ha inteso revisionare la legge quadro sugli appalti pubblici. La ratio della norma, infatti, mira a sottolineare la volontà del Governo di introdurre un rimedio interno alla Pubblica Amministrazione in caso di controversie che hanno ad oggetto contratti di appalto. Ed è per questa ragione che l’accordo bonario assume il ruolo di rimedio devoluto a terzi con una natura squisitamente negoziale proprio come era previsto del Decreto Legislativo numero 163 del 2006 in materia di codice appalti.
Sembra chiaro che in questo caso il soggetto terzo è la Commissione, che acquisisce la relazione elaborata dal direttore dei lavori ed eventualmente dal collaudatore, dando piena applicazione al principio di reiterazione della proposta. Secondo tale principio, infatti, la parte che non è soddisfatta dell’accordo può ricorrere alla decisione di un arbitro o, infine, al giudice ordinario che dà inizio a un processo vero e proprio. In questa direzione, l’accordo raggiunto grazie alla Commissione assume natura transattiva e il suo ruolo diventa quello di amichevole compositore, legittimato a prendere decisioni risolutive delle riserve e vincolanti tra le parti, ma non obbligatorio per l’appaltatore, che può sempre rifiutarsi di accettare la sua proposta.
Verifica delle riserve ex articolo 205 Codice Appalti
Fatte le verifiche preliminari sulla correttezza formale delle riserve, il direttore dei lavori le comunica al Rup, come previsto dal comma 3 dell’articolo 205. In questo modo il Rup può eseguire un’analitica verifica sulle riserve che sono state iscritte, secondo la procedura prevista dall’articolo 205 comma 4, valutando la non manifesta infondatezza e dunque l’ammissibilità delle riserve per il raggiungimento del valore massimo indicato dalla legge che si fissa tra il 5 e il 15%. Tale verifica deve essere espletata entro 15 giorni dalla comunicazione del DL (Direttore Lavori) affinché il Rup possa chiedere, ove lo ritenesse opportuno, la nomina della Commissione con specifiche competenze nelle materie previste dal contratto.
Una volta eseguite le verifiche da parte del Rup o dell’esperto nominato ed effettuata la revisione relativa alle risorse economiche, può essere inoltrata la proposta di accordo inviata al soggetto che ha elaborato le riserve e al dirigente competente scelto dall’appaltatore per controllare il corretto svolgimento della procedura. Se entrambe le parti danno esito positivo, viene redatto un verbale che sarà sottoscritto da entrambe le parti e che sigilla l’accordo.
La natura dell’accordo bonario
Come anticipato nei paragrafi precedenti, l’accordo bonario non è un rimedio giudiziale per risolvere una controversia e assume la stessa rilevanza di una transazione o dell’arbitrato. Si tratta di uno strumento innovativo fortemente voluto dal Legislatore che lo ha esteso a tal fine ai contratti pubblici di servizi e forniture nel settore dei servizi, forniture e lavori e nei settori speciali per attuare l’obbligo posto a carico degli Stati membri appartenenti all’Unione Europea di inserire nella legislazione nazionale meccanismi accessibili, trasparenti ed efficaci per le procedure di ricorso relative all’aggiudicazione degli appalti pubblici.
L’accordo che viene concluso ha natura transattiva per questo sulla cifra finale devono essere computati gli interessi legali che decorrono dal sessantesimo giorno successivo alla sua sottoscrizione.
Si può verificare anche l’ipotesi che una delle parti non accetti la proposta, in questo caso la parte che ha elaborato le riserve può fare ricorso al giudice ordinario o all’arbitrato, quando si vuole evitare di dare luogo a un processo vero proprio con le sue lungaggini e i costi elevati.
Il direttore dei lavori è una figura centrale in questo procedimento perché è il primo a valutare la presenza del presupposto per dare via l’accordo. Inoltre, per comunicare l’esistenza delle condizioni al responsabile del procedimento, egli deve valutare il rispetto della soglia prevista dall’articolo 240 comma 1. Ciò che vogliamo sottolineare in questa sede è la natura della valutazione che questi esegue: se le riserve sono inferiori al 10%, la sua valutazione è solo aritmetica, ma il suo lavoro diventa più complesso quando le riserve comportano variazioni di tipo sostanziale sul valore economico complessivo dei lavori.
Questo significa che il suo lavoro ha ad oggetto anche la valutazione circa la convenienza di introdurre nel procedimento di accordo eventuali indennizzi aggiuntivi o richieste di compensi avanzate dall’appaltatore diverse rispetto al prezzo originario, oppure lasciare che questi continui i lavori senza alcuna complicazione. Secondo la dottrina prevalente, al direttore dei lavori spetta il proprio giudizio sulla relazione riservata, al fine di orientare nella giusta direzione l’attività successiva del responsabile del procedimento che dovrà valutare la fondatezza o meno delle riserve iscritte dall’appaltatore.
Quando, invece, le riserve riguardano contratti pubblici di servizi e forniture nei settori speciali o in quelli ordinari, l’articolo 240 comma 22 prevede la figura determinante del direttore dell’esecuzione del contratto che svolge funzioni “impulsive” simili a quelle del direttore dei lavori. Al netto delle semplificazioni introdotte, infatti, l’obiettivo della norma è quello di lasciare ben distinte le figure dei soggetti incaricati di dare esecuzione al contratto e il responsabile del procedimento.
Perché conviene chiudere un accordo bonario
L’accordo bonario può essere avviato per qualsiasi contratto di appalto, ma in particolar modo quando
-Viene raggiunto l’importo minimo previsto per le riserve e cioè nei casi in cui il totale delle riserve calcolate supera l’importo contrattuale del 10%;
-Ci sono nuove riserve che oltrepassano il 10% del contratto;
-Si concludono i termini previsti dall’articolo 141 del Codice Appalti senza che venga emesso un regolare certificato di esecuzione delle opere o che sia stato eseguito il collaudo.
L’accordo bonario è un procedimento vantaggioso per l’appaltatore anche perché consente di risolvere controversie che riguardano le riserve per contratti che hanno ad oggetto importi inferiori o superiori ai 10 milioni di euro. Quando superano la soglia dei 10 milioni di euro il responsabile del procedimento promuoverà la formazione di una commissione per acquisire una relazione riservata da parte del direttore dei lavori. In questo modo verrà formulata una proposta di accordo non oltre 90 giorni dalla sottoscrizione delle ultime riserve.
Il ruolo della Commissione
La Commissione entra in gioco quando acquisisce la relazione riservata del direttore dei lavori e, ove costituito, del collaudatore affinché formuli la proposta motivata dell’accordo bonario. Possiamo comprendere che il ruolo della Commissione è quello di essere un soggetto terzo e imparziale diverso dall’Amministrazione o dall’impresa appaltatrice che ha competenze specifiche nelle materie oggetto del contratto. Si tratta di un organo esterno alle parti contrapposte con il compito di addivenire a una conciliazione negoziale.
Questo significa che la Commissione propone la soluzione ma solo se le parti accettano essa viene riportata nel verbale elaborato dal responsabile e poi sottoscritto dalle parti, che in tal modo suggellano la loro volontà a riconciliarsi. Potremmo dire che solo con la sottoscrizione del verbale da parte dei soggetti coinvolti è possibile definire risolta la questione, sempreché venga rispettata la forma scritta ad substantiam e vi siano le firme di tutti i soggetti coinvolti. La sottoscrizione del verbale perfeziona l’accordo e lo rende valido a tutti gli effetti.
Una questione che viene sollevata spesso dalla dottrina riguarda il comma 11 dell’articolo 240 che stabilisce il potere della Commissione di prendere decisioni vincolanti per conto delle parti, perfezionando l’accordo risolutivo delle riserve. A tal fine, il codice offre tre regole
-I 30 giorni che vengono concessi alle parti per potersi pronunciare sulla proposta non vengono applicati
-Il responsabile non redige il verbale
-Prima del perfezionamento delle conclusioni le parti chiedono di acquisire pareri da esperti della materia.
Comprendiamo che la Commissione ha la possibilità di pronunciarsi quando lo ritiene necessario o opportuno anche se non può prorogare tale decisione sine die. Infatti, le parti hanno la facoltà di notificare un invito-diffida alla Commissione quando non si pronunci in modo tempestivo. In questo caso, le parti saranno vincolate alla decisione della Commissione che assume lo stesso valore della decisione nell’arbitrato irrituale.
È stato sollevato da parte della dottrina il dubbio circa la possibilità di ottenere eventuali pareri opportuni e necessari offerti da una delle parti contrapposte, dal momento che la legge nulla specifica in merito. Nel silenzio del legislatore, si ritiene che eventuali pareri non siano vincolanti per la Commissione e non siano in grado di influire sul rapporto tra il collaudatore e il direttore dei lavori.
Accordo bonario tra privati e conciliazione tra le parti e il saldo e stralcio
Oltre alla possibilità di applicare la disciplina dell’accordo bonario nei contratti pubblici, è possibile utilizzare lo stesso strumento anche in altre situazioni di crisi, come nei rapporti tra banca e creditori. In questo caso, infatti, il debitore che vuole evitare il ricorso al giudice e l’eventuale esperimento di procedure esecutive da parte degli istituti di credito, può chiedere la definizione in via bonaria per trovare un accordo sulle modalità di pagamento ed estinzione del suo debito.
Si tratta di un sistema di risoluzione extragiudiziale che si snoda attraverso una rateazione del debito o il cosiddetto saldo e stralcio.
Nel primo caso il debitore propone di onorare il proprio debito mediante il pagamento mensile, bimestrale o trimestrale fino a estinzione definitiva della somma. In alternativa, e solo se il debitore ha liquidità disponibile, è possibile chiedere alla banca di pagare il proprio debito in un’unica soluzione con una riduzione del 30 o 40% della somma complessiva. Questo significa che la banca accetta una decurtazione della somma di cui è creditrice pur di ricevere liquidità immediata.
L’accordo bonario o il saldo e stralcio sono strumenti molto utilizzati nel mondo del business moderno, tanto da trovare spazio anche nel caso in cui il creditore abbia ottenuto un’ingiunzione di pagamento a suo favore e voglia evitare la procedura esecutiva.
Modello Accordo Bonario tra Privati
Di seguito si trova un fac simile accordo bonario tra privati che è possibile utilizzare come bozza. Il documento di esempio è in formato DOC, può di conseguenza essere aperto e compilato con Word, convertito in PDF o stampato.