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In questa guida spieghiamo come scrivere un avviso ai confinanti per vendita terreno e proponiamo un fac simile avviso ai confinanti per vendita terreno da utilizzare come esempio.
Come Scrivere l’Avviso ai Confinanti per Vendita Terreno
Il tema dell’avviso ai confinanti per la vendita di un terreno è strettamente legato a quello del cosiddetto diritto di prelazione del soggetto confinante. Detto diritto sorge quando il proprietario di un determinato terreno, vuole, appunto, alienarlo. Sul punto è la legge stessa a stabilire che è il vicinato ad avere la precedenza, se si tratta di coltivatori diretti.
Vediamo quindi tutto ciò che occorre sapere a riguardo.
Come brevemente anticipato, qualora il proprietario di un terreno di natura agricola stabilisca che è giunto il momento di porlo in vendita, non sarà dotato di completa libertà di scelta, relativamente al soggetto con il quale concluderà la transazione. Infatti, qualora il terreno confini con un coltivatore di tipo diretto, egli vanterà una corsia preferenziale sull’acquisto.
Prima però di andare avanti sull’argomento, è necessario soffermarsi sulla definizione del diritto di prelazione, così da meglio comprendere il tema in esame.
Tale diritto, come dice la parola, permette di essere privilegiato rispetto ad altre categorie di soggetti, alle medesime condizioni, nella stipula di un atto. Esso prevede due soggetti: il cosiddetto concedente (noto anche col termine di prelazionante oppure promittente), che sarebbe colui che dona il diritto; e poi il beneficiario (chiamato altresì prelazionario), cioè la parte che ne risulta titolare.
In altre parole, i due soggetti coinvolti avranno due posizioni completamente differenti: uno di essi, cioè il prelazionante, sarà tenuto a preferire il prelazionario rispetto ad altri, mentre quest’ultimo ha la facoltà di incidere su una determinata situazione di natura giuridica del soggetto promittente, cosa che nessuno può impedire.
Tanto premesso, è opportuno precisare che il diritto di prelazione agisce unicamente se il prelazionante vuole stipulare il contratto. Al contrario, egli non vanterà nessun tipo di obbligo specifico.
La prelazione può essere di due categorie, che si distinguono per gli effetti prodotti e per la fonte da cui derivano. Esiste infatti la prelazione cosiddetta volontaria (essa si fonda su un preciso accordo tra i due contraenti ed è obbligatoria per le parti) e la prelazione di natura legale (è la legge a disciplinarla e a disporne le casistiche, che sono tassative. Ha efficacia “reale”).
Il soggetto che risulta titolare del diritto in esame, ha dunque la possibilità di esercitarlo unicamente nell’istante in cui gli perviene la comunicazione da parte del prelazionante, inerente alla volontà di concludere, e dunque di sottoscrivere il contratto di compravendita. Tale comunicazione viene chiamata col termine latino denuntiatio. Trattasi di una vera e propria dichiarazione, la quale dovrà riportare una proposta di natura contrattuale e, di conseguenza, contenere al suo interno ogni condizione relativa alla conclusione (ad esempio: il tipo di terreno, il prezzo e ogni altro dettaglio del genere).
Da ciò si deduce che, in sostanza, la denuntiatio è la comunicazione mediante la quale il promittente rispetta l’obbligo di far sapere al prelazionario quelle che sono tutte le condizioni di genere contrattuale. Tra queste è inoltre compreso il termine (che può variare, colme ad esempio dai trenta ai sessanta giorni) che il prelazionario ha per decidere se far valere il proprio diritto di prelazione, e quindi se sottoscrivere detto contratto, oppure rinunciare.
Il sopracitato termine è definito “spatium” deliberandi.
A questo punto si aprono diverse alternative: il beneficiario accetta e quindi fa valere il diritto di prelazione, comprando il terreno e sottoscrivendo il contratto; il beneficiario rinuncia all’esercizio del diritto di prelazione e quindi il promittente risulta libero e legittimato a concludere il medesimo contratto con un altro soggetto (in questa specifica ipotesi il diritto di prelazione viene definitivamente meno); il beneficiario rinuncia all’esercizio del proprio diritto di prelazione e il promittente sceglile di non stipulare alcun tipo di contratto (il che significa che rinuncia a sua volta alla vendita e il diritto di prelazione, salvo che il beneficiario non rinunci comunque in maniera espressa, continua a rimanere in auge).
Ma che valenza ha, nel dettaglio, la denuntiatio? Sulla base dell’articolo 1326 del codice civile, detta comunicazione può avere la valenza di una proposta di natura contrattuale che sia comunque revocabile. In una simile eventualità, la risposta del soggetto beneficiario sarà l’equivalente di una pura e semplice accettazione. Secondo quanto disciplinato dall’articolo 1329 del codice civile, invece, la denuntiatio può essere considerata quale proposta, sempre di natura contrattuale, ma di genere irrevocabile. Infine, la comunicazione in esame può nutrire la valenza di un atto di tipo non formale, riguardante lo specifico adempimento di un’obbligazione di comunicazione. In tal caso, la risposta del beneficiario non sarà ciò che porterà alla conclusione dell’atto, giacché lo stesso verrà sottoscritto in un altro momento.
Infine, per quanto attiene alla modalità della denuntiatio, qualora venga reputata una vera e propria proposta, detta comunicazione dovrà necessariamente rispecchiare la medesima forma del contratto che si ha l’intenzione di concludere. Altrimenti la regola è quella della totale libertà delle forme.
Entrando adesso nello specifico sul tema della prelazione volontaria, che però non viene disciplinata in modo espresso dal vigente codice civile, essa è considera un negozio che due soggetti stabiliscono di concludere sulla base del cosiddetto principio di “autonomia” di tipo contrattuale.
A ciò si aggiunge che il “patto” di prelazione può tranquillamente essere o una clausola che viene inserire all’interno di un atto più esteso, oppure un contratto di genere autonomo. Relativamente a quest’ultima ipotesi, trattasi di un atto considerato atipico.
Tornando al “patto” di prelazione, esso è comunque un contratto, ove i due contraenti hanno determinati diritti e anche doveri. Il soggetto promittente, infatti, è vincolato alla stipula di un atto che il soggetto beneficiario; quest’ultimo mantiene il diritto di stipulare il contratto alle medesime condizioni che vengono eventualmente pattuite con i soggetti terzi; il prelazionante rimane titolare della libertà relativamente a ciò che contiene il contratto (dunque sarà pienamente libero di optare per il prezzo e per tutte le altre condizioni che poi dovranno essere accettate dall’altra parte); il beneficiario ha diritto ad essere scelto con priorità rispetto ad ulteriori soggetti; il beneficiario non è dotato della facoltà di effettuare una rinegoziazione (ad esempio non potrà pretendere un prezzo minore oppure di avvalersi di un pagamento rateizzato).
Inoltre, è bene precisare che “il patto” di prelazione può essere o oneroso, oppure meramente gratuito, sulla base degli specifici interessi dei soggetti coinvolti.
Entrando maggiormente nel dettaglio, l’interesse del cosiddetto beneficiario sarà quello di evitare che altre persone sottoscrivano il contratto in esame, giacché vorrà magari avrà intenzione di riservarlo unicamente per sé. Il prelazionante, invece, potrà nutrire l’interesse di conseguire un vantaggio di natura economica, considerano che il proponente gli avrà offerto del denaro per avere il diritto di prelazione (era è proprio questa la prelazione che viene definita onerosa) oppure potrebbe avere interessi di diverso genere, come ad esempio inerenti ai rapporti di tipo economico strettamente connessi all’altra parte.
Da ultimo preme rammentare che, pur essendo a forma prettamente libera, il “patto” di prelazione, nella pratica, viene sottoscritto avvalendosi della forma prevalentemente scritta.
Entrando nel vivo dell’argomento in esame, è bene precisare che quando si parla di avviso ai confinanti per la vendita di un terreno ci si riferisce alla materia della prelazione di genere agrario.
In particolare, detta tipologia di prelazione, può essere inerente al soggetto affittuario del cosiddetto fondo agricolo e, sussidiariamente, il soggetto che risulta proprietario della parte del fondo che confina con quello principale.
Nello specifico, il diritto di prelazione prettamente agricola che è posto in capo alla parte affittuaria rientra nella categoria riguardante “l’affitto” di tutti quei fondi considerati rustici.
Sul punto appare opportuno precisare che il contratto inferente all’affitto, disciplinato dall’articolo 1615 del codice civile, si distingue nettamente dalla locazione giacché ha come tema centrale una cosa di genere produttivo. L’atto di affitto di un fondo di tipo ristucco concerne, pertanto, l’esercito di tutte quelle attività che vengono reputate di natura agricola.
Parlando adesso degli obblighi e dei benefici che hanno entrambi i contraenti, possiamo affermare che il locatore, ossia il soggetto proprietario del terreno, lo dà in affitto sulla base di un corrispettivo in denaro. Il soggetto affittuario, invece, godrà del fondo e ne coltiverà i frutti.
Ed è proprio l’attuale normativa vigente, ovverosia l’articolo 1676 del codice civile a favorire e a tutelare colui che viene definito coltivatore di tipo diretto. Trattasi, in sostanza, della persona concretamente coltiva il terreno, utilizzando il lavoro che sia in prevalenza proprio o di membri appartenenti alla sua famiglia (tutto ciò a patto che la forza di provenienza lavorativa rappresenti un minimo di un terzo rispetto a quella che serve per lo svolgimento della consueta coltivazione. E questo in base all’articolo sei della legge numero 203 del 1982).
Sempre la sopracitata legge, all’articolo numero uno, specifica invece che la durata deve essere di un minimo di cinque anni.
A ciò si aggiunge che il sopracitato favore nei confronti del coltivatore di tipo diretto, è riscontrabile anche nella Costituzione italiana, e per l’esattezza all’articolo quarantasette, il quale ha lo scopo di fornire un’agevolazione relativa all’accesso alla “proprietà” terriera ad opera di coloro che la coltivano in maniera diretta.
Ne consegue che sono considerati pienamente titolari del già citato diritto di prelazione, e sempre a patto che questi si adoperino nella coltivazione del terreno per un minimo di due anni: il soggetto affittuario, il cosiddetto colono, colui che viene chiamato mezzadro e, infine, il compartecipante.
In più, occorre rammentare che il coltivatore di tipo diretto ha diritto ad una prelazione che può essere tranquillamente reputata doppia. E questo perché è sia l’affittuario del terreno, sia il proprietario della parte confinante, a meno che su questo fondo non si siano introdotti degli altri affittuari, dei colori, dei compartecipanti o magri anche degli enfiteuti che siano comunque dei coltivatori di genere diretto.
Se, invece, il terreno non è dato in affitto, in questa eventualità sarà il soggetto confinante (e sempre coltivatore) ad essere titolare del diritto di prelazione di natura agricola.
Posto quanto sopra, la prelazione fa riferimento anche: a tutti gli affittuari, o anche semplicemente confinanti, che abbiano la forma di società di genere agricolo e di persone (quindi che siano società cosiddette semplici), ove quantomeno il cinquanta per cento dei suoi soci abbia ottenuto la qualifica di “coltivatore”, naturalmente di tipo diretto; i soggetti confinanti (e che non abbiano il titolo di affittuari), che rivestano la qualifica di imprenditori di natura agricola professionale, e che siano regolarmente iscritti nella cosiddetta gestione “previdenziale agricola” presente all’INPS.
Sulla base dell’articolo numero otto, comma uno della legge numero 590 del 1965, qualora il terreno sia oggetto di un particolare trasferimento che abbia titolo “oneroso” o nel caso di fondazione del diritto di “enfiteusi”, il diritto di prelazione non può essere fatto valore nelle eventualità di: una liquidazione che avvenga coattivamente, una vendita che sia forzata, una permuta, un fallimento, un’espropriazione del fondo per ragioni di utilità pubblica, oppure, infine, se il terreno sia di designazione edilizia, di genere industriale o magari turistica.
Ma a questo punto cosa deve fare il proprietario del fondo che vuole trasferirlo onerosamente? Innanzitutto, deve effettuare la già citata comunicazione all’altra parte. Più nel dettaglio, egli sarà tenuto a spedire una raccomandata con allegata la propria proposta di vendita. Dopo di che dovrà inviare anche il preliminare inerente alla compravendita, nonché indicare dettagliatamente le generalità del soggetto acquirente, il prezzo a cui intende alienare il terreno e via dicendo.
Il coltivatore di tipo diretto, oppure il soggetto affittuario o, ancora il confinante, è obbligato a far valere il diritto di prelazione entro e non oltre trenta giorni dalla data in cui ha ricevuto la notifica.
Qualora detto coltivatore decidesse di esercitare tale diritto, sarà tenuto a corrispondere la somma di acquisto entro e non oltre tre mesi, i qual cominceranno a decorrere da quando siano scattati il trenta giorni dalla notifica ad opera del proprietario del fondo. E questo a meno che i due contraenti non abbiano deciso di pattuire in maniera diversa.
Di contro, il coltivatore di tipo diretto (o gli altri soggetti sopracitati) dovrà dare risposta al proprietario, e ciò dovrà avvenire per iscritto, mediante una notifica da inviare per tramite di un Ufficiale Giudiziario o con una raccomandata con apposito avviso “di ricevimento”.
E nell’eventualità in cui il proprietario non effettui la denuntiatio o non si adoperi nella notifica ma la cifra specificata sia nettamente più elevata rispetto a quella indicata nell’atto di compravendita, colui che vanta il diritto di prelazione sul fondo ha la possibilità, nel termine di un anno dalla cosiddetta trascrizione di tale atto, di “riscattare” il terreno del soggetto acquirente e da ogni ulteriore “avente” causa, così come previsto dall’articolo otto, comma quinto, della legge numero 590 del 1965.
Detta ipotesi è espressamente definita diritto “di riscatto” o retratto di natura agraria. Ciò deriva dal fatto che la prelazione di genere agrario ha un’efficacia che viene reputata reale. Ne consegue che il prelazionario ha la possibilità di inseguire il fondo e operare un vero e proprio riscatto da tutti coloro che lo hanno acquistato.
La domanda di riscatto deve essere rivolta verso l’ultimo acquirente, e dunque non al soggetto che ha locato il terreno e che ha posto in essere una chiara violazione del diritto di prelazione di genere agricolo.
Trattasi, in sostanza, di una richiesta che può avere natura giudiziale oppure stragiudiziale, a seconda di come si decide di agire. La richiesta giudiziale, infatti, dev’essere fatta con un atto di citazione.
Ricapitolando: il diritto di prelazione in esame, ovverosia inerente all’acquisizione di un terreno agricolo non coinvolge qualunque persona. Esso è limitato al coltivatore di tipo diretto, che sia anche affittuario dell’area da un minimo di due anni. Nell’ipotesi in cui il fondo non sia dato in affitto, la prelazione va al confinante.
Fac Simile Avviso ai Confinanti per Vendita Terreno
Di seguito si trova un fac simile avviso ai confinanti per vendita di terreno che è possibile utilizzare come bozza.